11 giugno 2017

Viaggi Marocco, la Kasbah di Rabat e l'incontro con lo Spirito del Blu

Kasbah des Oudaias, Rabat 2017

Sapevo che prima o poi sarebbe successo: l’incontro molto ravvicinato con lo spirito del mio colore preferito: il blu. A dirla tutta, la tappa a Rabat è stata appositamente escogitata per poter visitare la Kasbah des Oudaias, ovvero il quartiere fortificato della città, noto anche come “little blu city”. In effetti, più che un quartiere è una città nella città e più che una città è una sorta di bomboniera dalle atmosfere andaluse e greche, paradiso di artisti, nostalgici, gatti e turisti dallo schiamazzo facile. Ma quel blu che ansima in sincrono con il bianco è talmente feroce che ogni fastidio s’inchina alla benedizione di stare partecipando a qualcosa di grande, o anche semplicemente Bello. Ad ogni passo tra le vie sghembe e acciottolate, rischio di cadere tanto sono rapita dal colore che amo: muri blu, porte blu, finestre blu, vasi blu, tettoie blu, secchi della pattumiera blu. Un blu reso ancora più intenso dal Ramadan: durante questo periodo, infatti, nella kasbah uno dei modi per fare festa è quello di ritinteggiare tutto di blu fresco. 




Tra una pennellata e l’altra, con una salita nemmeno troppo faticosa, si arriva al punto panoramico maestoso anch’esso come tutta la fortezza e si assiste allo spettacolo della vista su Rabat, la vicina Salé e l'incontro dell'uadi Bouregreg con l'oceano le cui onde sono puntellate da surfisti che sembrano miniature di fronte a tanta immensità. Posso sentirmi respirare nel vento che soffia forte, quasi cantilendando, le preghiere dei moriscos, i musulmani andalusi espulsi dalla Spagna che arrivarono qui agli inizi del XVII secolo battezzando il luogo come Kasba Andalusa. E poi, quando gli occhi mi si sono riempiti di tutte le sfumature celesti, azzurre e blu dell’oceano e del cielo fusi insieme in una sorta di amplesso cosmico, chiudo gli occhi e il fruscio del vento tra i capelli mi mima i gesti rituali della tribù araba degli Oudaya, cacciata da Fès e trasferitasi tra queste mura arzigogolate. 


Veduta dell'oceano dal Belvedere monumentale della Kasbah, Rabat 2017

Quanta gente passata da qui, quante storie e memorie, quanta pazienza appartiene al mare! Un sussulto mi coglie, impavido e indefinito come lo strascico che lascia l’osmosi del surfista sulla cresta della "sua" onda. Uno spirito vitale mi vocifera qualcosa sull’arrendevolezza che non è passiva resa, è diventare complici di una volontà universale. “Sei appena passata davanti alla porta blu della fortuna Dar Baraka e non hai nemmeno espresso un desiderio” – sussurra la vocina. Ma è tutto così perfetto, che mi sono dimenticata di desiderare. Eppure "la Trasformazione è collegata ai desideri. Sono i desideri che ci cambiano e ci conducono. Tu devi imparare a comprendere i tuoi desideri e ad esprimerli. Cosa desideri?" (Cinzia Contarini, "Luna, Corpo, Amore")


Togliamoci ogni dubbio: DESIDERARE O NON DESIDERARE?


Kasbah des Oudaias, Dar Baraka, la "Porta della Fortuna" - Rabat 2017 - Foto ©CECILIA MARTINO

L'azzurro è uno stato dell'anima, 
non nella transizione, 
non nel movimento, 
ma uno stato suo proprio, plurale, complesso, 
ricco di sfumature. 
L'anima svanisce in quanto sostanza pesante, plumbea, 
che sovraccarica la mia personale interiorità, 
per ricomparire come risonanza umbratile, 
un sottofondo, 
una dimensione ulteriore delle cose così come sono.
(James Hillman)



Dialogare con gli spiriti è importante per tenere attive le forze vitali che scorrono sottilmente dentro di noi, perché gli spiriti sono energie celesti (del cielo) profuse sulla terra al fine di spiritualizzare la materia, per questo James Hillman collega il "fare anima" al creare una Terra Celeste. "La terre céleste è immaginata come un trono di pietre preziose, come un caelum azzurro o come una coltre di luce che dona calma, come l'infinita geografia del cielo con le proprie montagne [...] La terra che dobbiamo recuperare per sentirci meno vulnerabili ai nostri pensieri impensati e alle nostre idee subconsce, è la terra al di sopra di questa nostra terra, la terre céleste, da cui le radici dell'albero della Kabbalah traggono la loro forza, ma anche la terra che si trova profondamente al di sotto di questa, nel profondo freddo e nella quiete dove le immagini fluttuano nel silenzio" (James Hillman, "La buona terra: immaginaria o letterale")



La terra (che dobbiamo recuperare, facendo eco ad Hillman) è il calderone nel quale avviene il processo alchemico della trasmutazione che è spiritualizzazione di sostanze grezze, il calderone è come l'utero della donna, il ventre della Madre Terra, là dove scorrono energie invisibili che sta a noi riprendere a contattare, mantenere vitali, permettere loro di fluire, di non stagnare mai, di non bloccarsi per intensificare le nostre vite. Dialogare con gli spiriti aiuta in questo processo di smaterializzazione della realtà, di circolarità fluidica con l'universo che vive in noi ed evolve attraverso di noi, aiuta a costruire ponti tra la materia visibile e la sostanza animica invisibile di tutto ciò che esiste, migliora la nostra parte selvaggia, creativa, istintuale. Che poi è il "segreto" degli sciamani di tutti i tempi: la psicopompia, l'arte di traghettare tra i mondi visibili e quelli invisibili. Che poi è un'attitudine che ognuno di noi può risvegliare e a cui le donne - per specificità fisiologiche legate al ciclo mestruale - sono più propense per natura. 







Fra poco dileguano pesci e fiere.
O anima azzurra, oscuro peregrinare
Ci staccò presto dai cari, dagli altri.
La sera muta senso e immagine.


(Georg Trakl)

L'anima peregrina diventa "l'anima azzurra" nelle poesie di Trakl e, come lui, di molti altri poeti. Sembra appartenere a questa tonalità una malinconia di fondo dovuta all'erranza di chi sa che per trovare la quiete, la vera dimora del grande Sè, deve poter lasciare brandelli del piccolo sè ovunque vada, in un processo di morte e rigenerazione continuo. Deve saper continuamente "tramontare", come piacerebbe dire a Nietzsche, e cosa è il tramonto? "Il tramonto è il perdersi nel crepuscolo spirituale dell'azzurro", risponderebbe Heidegger. 

Tra l'altro il blu è uno dei colori sciamanici, insieme al giallo e al rosso. Il blu è colore del Visuddha chakra, il centro energetico del corpo sottile secondo la fisiologia esoterica yogico-tantrica, corrispondente all'area della gola /tiroide e della comunicazione, dell'espressione della propria integrità. E' il centro dove dimora lo spirito del Drago, il cui fuoco che sputa dalle fauci è potenza di comunicare senza incenerire chi ascolta, di tirare fuori ciò che ha dentro perché le fiamme altrimenti lo divorerebbero, pur rimanendo nell'empatia, en pathos. Il drago azzurro è anche il simbolo degli spiriti Hun che la Medicina Cinese associa al fegato e, tanto più si è in uno stato di quiete, tanto più prevalgono i draghi azzurri, mentre negli stati di maggiore agitazione emotiva, prevalgono i draghi rossi. 




Blu è anche uno dei colori esoterici di Kandinskij e di Chagall, blu è il colore di Israele – come mi spiega la guida improvvisata al suq di Casablanca – nonché un ottimo rimedio anti-zanzare che un po’ meno romanticamente, spiegherebbe il suo uso-abuso nelle varie “città blu” marocchine. 
È il colore a cui Kandinsky dedica la poesia “Vedere”

Azzurro, Azzurro s'innalzava e precipitava.
Acuto. Sottile fischiava e si conficcava, ma non trapassava.
Risuonò per ogni angolo.
Densobruno incombé come su tutte le epoche.
Come. Come.
Più larghe allargando le braccia.
Più largo. Più largo.

Il blu è stato un colore prezioso per gli artisti nel vero senso della parola in quanto – nei tempi in cui i colori venivano tratti soprattutto dalle tinte naturali della terra -  richiedeva l’utilizzo dei lapislazzuli che dovevano essere importati dalle zone arabe e lavorati tramite macinazione (per approfondire consiglio la lettura di questo interessantissimo articolo: The Bluest Color Marc Chagall)

Il blu è il colore degli Avatar e delle  divinità del pantheon induista, è uno degli spiriti con cui poter praticare la meditazione Kasina abbinata, appunto, al colore: si esegue fissando un punto centrale di un cerchio blu disegnato sopra un foglio bianco appeso alla parete, cercando di mantenere il focus su quel punto il più a lungo possibile senza batter ciglio. Immediatamente, o dopo che si giunti ad un adeguato stato di trance tramite l'abbandono allo spirito del blu, giungeranno emozioni, sensazioni, ricordi, immagini che si lasceranno affiorare senza interpretarle, piuttosto dipingendole di blu. Fluire con il colore è riassorbire la realtà materiale e il nostro ego cavalcando l'arcobaleno della splendente vacuità senza attributi. 




Marc Chagall, Gli amanti in blu, 1914





















Rudolf Steiner ci dice: “Nello sperimentare in noi stessi l'elemento vivente del fluire del colore, noi riusciamo ad uscire dalla nostra persona e a partecipare delle vita cosmica. Il colore è l'anima della natura e dell'intero cosmo, e noi prendiamo parte a quest'anima in quanto partecipiamo, sperimentando, alla vita del colore”.

Il blu, come gli altri colori, lo si può anche respirare, abbinandolo a una pratica di pranayama che in un antico testo sullo yoga viene così descritta: 

"La respirazione colorata consiste nell'evocare mentalmente una sensazione di colore è nell'intensificarla al momento della ritenzione del respiro, come se l'aria che si respira fosse colorata. I colori più ricordati sono il viola, il rosso, il giallo, il verde, l'azzurro. Ed ecco come ci si può rendere conto dell'intensità della sensazione evocata: dopo aver riempito i nostri occhi del colore prescelto, si guarda un foglio di carta bianco, che apparirà colorato del colore complementare. Per esempio, se si è visualizzato il colore rosso, la carta apparirà verde; apparirà rossa se si sarà visualizzato il violetto, l'arancio se si sarà visualizzato l'azzurro." (Mir Shemesh, "Occultismo orientale e Filosofia Yoga"). 


Un quadro appeso nel mio bungalow nella Riserva ecologica Pachijali, durante un  viaggio in Ecuador.
Gli spiriti sanno sempre come parlarti!

Infine, difficile dire cosa sia il blu per me. Ma non sempre bisogna trovare le parole. Specie quando si ama intensamente. Blu elettrico sono stati i miei primi anfibi da liceale, le rifiniture della mia cameretta in legno da adolescente, l'alone del mio tatuaggio a spirale sulla mano sinistra da adulta. Blu elettrico sì, come quell'Electric Self testardamente evocato dal poeta Withman. Blu è ogni volta che mi smarrisco e, puntualmente, qualcosa mi strappa un sorriso. Blu è quando indosso tutti i miei sbagli e ne faccio fagotto per continuare il cammino leggera e grata. Blu è il mio essere e non essere, è la vita che mi è stata cucita addosso, è ciò che rimane di me quando mi tolgo tutti i vestiti e la mia nudità svanisce nel nulla. Blu è quando sono malinconica e non faccio niente per evitarlo. Perché un destino è un destino ... 

On the road, verso Rabat - Marocco 2017 




O blu del mondo, 
o blu che tu mi hai recitato!
Io rivesto il mio cuore di specchi. 
Un popolo di carte stagnole
sta al servizio delle tue labbra: 
tu parli, tu guardi, tu regni.
Il tuo regno sta aperto, illuminato di te.
Se però si fa scuro in te, se cede il blu
fratello mondo dal centro delle tue parole,
metti le sbarre alla porta dell’immenso:
voglio nascondere i frantumi alla parete del cuore −
Rimane in questa camera il tuo andare un venire.

(Paul Celan, Sotto il tiro dei presagi. 
Poesie inedite 1948-1969)




A proposito di dialogare con gli spiriti


.... in arrivo il simbolo della CicognaDa Casablanca ... 
STAY TUNED 





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